Più brutto era difficile: SUPER MARIO BROS

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Un’incubo distopico in cui gli idraulici inseguono paleontologhe, il mondo dei funghi è cyberpunk, gli uomini discendono dai dinosauri e si dovette pagare un biglietto per saperlo

No-no-no, signori miei. Qui non ci siamo proprio.
Esattamente 30 anni fa esce nelle sale americane quel popò di film (cogliete il sottile doppio senso oh-oh-oh) che è “Super Mario Bros”. Il primo film ispirato direttamente a un videogioco. E che videogioco!?
Hollywood è in fibrillazione. Grandi aspettative; un investimento non stellare ma notevole; orde di brufolosi sparsi in tutto il mondo che non aspettano altro.
Sulla carta è un successo annunciato. Un grande, immenso calcio di rigore che qualunque cineasta saprebbe realizzare con perizia balistica impeccabile. GOOOL!
Io sono uno di quelli aspetta di vedere quel gol.
Vado al cinema e PAGO UN BIGLIETTO per vederlo.
Quando esco dal cinema non capisco bene cosa mi sia successo. Come quando prendi una botta in testa e ti chiedi: «Uè. Ma che cazz…». Certamente non è un’esperienza esaltante, per questo motivo rimuovo il ricordo gettandolo nello scarico mentale e tiro la catena. Un’unica cosa mi rimane incrostata sul pavimento del cervelletto: HO PAGATO per vederlo. Minchia oh… HO PAGATO!
È una macchia indelebile che tutt’ora non riesco a rimuovere, e hai voglia di strofinare…

 

I film tratti dai videogiochi hanno una cattiva reputazione, e per i produttori di Hollywood sono pericolosamente disastrosi. Ti può andare bene e guadagnarci un sacco di paperdollari, oppure il rischio è quello di fare un botto talmente grosso da doverti impegnare anche la dentiera della nonna per pagare i debiti.
Ciò non toglie che si può imparare molto su come lavora l’industria cinematografica analizzando i suoi successi (sia accidentali che mirati), ma spesso si può imparare ancor di più analizzando i suoi fallimenti; i progetti a lungo sviluppati e mai arrivati sullo schermo; il blockbuster che non riesce a sbancare e invece avrebbe dovuto. In particolare guardando tutti quei film che hanno preso Hollywood di sorpresa, pieni di previsioni errate che poi tutte le persone coinvolte hanno negato e tentato di nascondere sotto il tappeto.
Le catastrofi apparentemente inspiegabili alla fine accadono, e il disastro più grosso è solitamente il primo, quello che poi spiana la strada a tutti gli altri: “Super Mario Bros: The Movie“, un incubo infernale di confusione preistorica e cyberpunk. Una delusione di pubblico e critica che andò così male da incassare solo 20 milioni di piotte dello zio Sam a fronte di un costo di 43.

super mario bros

“Super Mario Bros. il film”, esce nelle sale americane il 28 maggio 1993. Diretto da Rocky Morton e Annabel Jankel (creatori di Max Headroom), interpretato da Bob Hoskins(Mario), John Leguizamo(Luigi) e Dennis Hopper(Koopa).
Rilasciato due settimane prima di Jurassic Park, Super Mario, il quale come il film di Spielberg è caratterizzato da attori di tutto rispetto e una trama che ha a che fare con l’evoluzione e i dinosauri, corre il rischio di cadere vittima di quella differenza di investimento economico che solitamente decreta un vincitore e un perdente tra due film realizzati nello stesso periodo e che trattano dello stesso argomento.
Ma non c’è semplicemente questo. Non è solo una questione di soldi investiti. Il film di Super Mario ha ben altri problemi.
La sua produzione è un incubo disorganizzato che produce un amorfo blob, e all’uscita del film nelle sale la stampa specializzata cambia rapidamente opinione: da istericamente entusiasta prima di vederlo, a scandalosamente delusa dopo. Peggio di tutto: il pubblico diserta in massa.
Quando le acque si calmano, il film di Super Mario ha incassato circa 20 milioni di dollari a fronte di un budget di produzione di più del doppio.
La sua trama, maneggiata da nove scrittori diversi, evoca un universo alternativo in cui gli esseri umani non discendevano più dai primati ma bensì dai dinosauri.

Ada bello il piercing

Nel 1985, il primo gioco dedicato ai “Super Mario Brothers”, un sequel del gioco arcade del 1983 “Mario Brothers”, venne incluso con la vendita della maggior parte delle unità NES (Nintendo Entertainment System) al loro debutto in Nord America. Dopo cinque anni, nel 1990, Nintendo è sulla buona strada per raggiungere quota 62 milioni di NES venduti, la metà dei quali in Nord America. Questo è sufficiente per convincere l’industria cinematografica, già inebriata dai recenti successi di titoli come “Mamma ho perso l’aereo”, “ Tesoro mi si è ristretto il ragazzino” e “ Teenage Mutant Ninja Turtles” (quest’ultimo è stato il quinto più alto incasso della stagione 1990) che i videogiochi siamo la prossima miniera d’oro da sfruttare per accaparrarsi il grande pubblico dei giovanissimi brufolosi.

Nel settembre 1990, “Lightmotive”, la società di produzione personale del regista di “Urla del silenzio”, Roland Joffe, stringe un accordo con Nintendo per produrre un film su Mario. La “Lightmotive” vince sulle altre case di produzione perché propone che il film abbia una funzione tipo prequel del videogioco, come fosse il primo passo in uno scenario di botta e risposta in cui i film e i videogiochi si sarebbero alternativamente svolti in diversi capitoli della stessa storia. Per la cronaca, Joffe è palesemente alla ricerca di una vacca da mungere ma non è uno senza arte né parte. Nel decennio precedente è stato nominato a due Oscar come miglior regista ed ha pure vinto la Palma d’Oro a Cannes.

Un saluto alla dignità

Si comincia quindi a fare il casting. Dustin Hoffman, ha appena vinto un Oscar per “Rain Man” ed è la prima star a mettersi in fila per interpretare il ruolo di Mario; i suoi figli sono dei “Nintendo maniaci” e lui, a quanto pare, vuole impressionarli portando in vita il loro eroe a 8 bit. Bill White, che gestisce le promozioni di Nintendo nel Nord America, si incontra con Hoffman ma i due non riuscirono a trovare un accordo soprattutto per la preconcetta opposizione del presidente di Nintendo of America, Minoru Arakawa. I dirigenti però vogliono come prima scelta Danny DeVito, che apparentemente intrattiene diversi colloqui per il ruolo, ma alla fine passa la mano scegliendo di concentrarsi sulla regia e l’interpretazione di “Hoffa”. Pure Tom Hanks accetta di indossare gli stivali da idraulico di Mario per “solo” 5 milioni di dollari , ma i produttori infine decidono per Bob Hoskins che dopo “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, “Sirene”, e “Hook”, è ormai un attore riconoscibile dal pubblico e molto più economico rispetto a Forrest Gump.

Per il fiasco da quella parte.

Con il suo scorrere da sinistra verso destra, l’obiettivo di salvare una principessa da un castello viaggiando attraverso otto mondi visivamente distinti, la raccolta di monete, l’uccisione di mostri, e in generale il fare qualsiasi cosa necessaria per restare in vita; il videogioco di “Super Mario Bros.” ha mostrato un nuovo modo di giocare i videogiochi. Di spunti su cui basarsi per fare un film ce ne possono quindi essere, tuttavia il problema fondamentale sembra che nessuno dei molti-troppi sceneggiatori assegnati riusce a capire come tradurre il gioco in una storia filmabile.
Fra ottobre 1991 e aprile 1992, vengono prodotte almeno cinque bozze complete dello script e sono noti almeno nove scrittori che hanno lavorato su una o più versioni. Alla fine la sceneggiatura è una stratificazione diversa di revisioni, con le pagine di tutti i colori dell’arcobaleno.
Per questo motivo il cast è fondamentalmente in rivolta. Gli attori devono mettere da parte o aggiungere nuove pagine di giorno in giorno.

Hoskins e Leguizamo hanno il vizietto di tracannare scotch tra una ripresa e l’altra, il che porta a un incidente sul set in cui Leguizamo, ubriaco, parte in accellerata con un camion che chiude la portiera sulla mano di Hoskins, rompendogliela.
Nonostante tutto, l’impressione che si ha di questo caos è che all’uscita il film avrebbe COMUNQUE attirato al cinema una nazione di bambini. A prescindere dalla qualità, il riconoscimento del marchio farà tutto il lavoro. Ma non è così, e quell’eccellente adagio che sostiene che “i bambini possono guardare qualsiasi cosa” viene smentito sonoramente. I bambini d’America non sono né esaltati né traumatizzati dalla visione del film, semplicemente rimangono indifferenti, che forse è anche peggio.

Ad oggi, tutte le persone coinvolte nella lavorazione del film gli riservano giudizi amari.

Nel 2011, Bob Hoskins lo definì come il lavoro peggiore che abbia mai fatto e l’errore più grande della sua carriera.

Nel 2008, quando a Dennis Hopper buonanima venne chiesto di quale film si rammaricava di più tra i 150 che aveva fatto, “Super Mario Bros” fu la sua scelta. Hopper disse che suo figlio piccolo una volta gli chiese perché lo aveva fatto, e lui gli rispose che lo aveva fatto per comprargli scarpe nuove. «Io non avrei avuto bisogno di scarpe così brutte», ribatte il rampollo.
Pure l’idea che i fratelli Mario indossassero le loro iconiche tute da lavoro verde e rossa viene osteggiata. Solo dopo una lunga lotta con i produttori finalmente si ottenne il via libera a indossarle. Ed è per questo motivo che Mario e Luigi non le indossano fin quasi alla fine del film.
Non tutte le campane suonarono a morto, però. Inaspettate, parole di apprezzamento arrivarono proprio dal creatore di Mario, Shigeru Miyamoto. Egli pensa che il film non sia poi così male e che la ragione del suo fallimento risieda nel fatto che in realtà sia troppo simile al gioco.

Si, come no. CREDICI Shigeru.

OMONE

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nel posto più vicino al retrogaming e la cultura pop anni '80/'90. Nel mio passato ci sono progetti multimediali falliti in collaborazione con Makkox; tre libri scritti in collaborazione con me stesso e tre podcast di relativo successo. Atariano della prima ora, mi piace molto giocare ai videogiochi vecchi e nuovi. Tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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