ROBOCOP: il film stupido più intelligente mai realizzato

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Un classico istantaneo, un presagio di un futuro incombente, una profezia avverata e un’altra manciata di cose importantissime riguardo al tutore dell’ordine più iconico degli anni ’80: Robocop

 

RoboCop, chi non lo conosce?
Il classico di “fantascienza” di Paul Verhoeven ha un posto di tutto rispetto fra i classici degli anni ’80 e ho messo fra virgolette la parola “fantascienza” perché col senno di poi tutta questa fantascienza alla fine non è.
La tag line del poster cinematografico ci diceva che Robocop era “parte uomo, parte macchina, tutto poliziotto” il che lo faceva sembrare un parto dell’immaginazione di un bambino in overdose di zuccheri, e prima che qualcuno riuscisse a vedere il film forse era uno dei problemi che lo affliggeva. Per questo motivo alcuni critici dell’epoca lo cassarono impietosamente definendolo un film terribile, dicendo che un adulto degli anni ’80 mai e poi mai avrebbe potuto prendere sul serio una storia come quella.
Sbagliavano su tutti i fronti.
La storia ci insegna che gli adulti degli anni ’80 presero sul serio un sacco di cose che a rivederle adesso ci fanno sanguinare gli occhi e le orecchie, e soprattutto padellarono completamente il target temporale perché saranno gli adulti degli anni 2000 a considerare Robocop come un film serissimo, lungimirante e perfino profetico.
Anche lo stesso regista, Paul Verhoeven, non capì il lato satirico della storia fino a quando sua moglie Martine non lesse il copione e lo convinse ad accettarlo.
Insomma, quello che voglio dirvi e che Robocop è nato circondato da un turbine di vertiginosa stupidità, di gente che sulle prime non lo riusciva a capire, che lo prendeva per stupido.
Adesso, nel 2023, possiamo affermare a cuor leggero che RoboCop sia il film stupido più intelligente mai realizzato, non solo per quello che ci dice sull’evoluzione della tecnologia e l’inettitudine della politica, ma soprattutto sulla società umana.

Ahia!

Togliamo l’elefante dalla stanza: RoboCop è violento e sanguinario, ma allo stesso tempo è divertente e pieno di maldestro fascino cyberpunk. È pieno di dialoghi iconici, punch line tipiche dei film di quel periodo che adesso amiamo parodizzare con prodotti del tutto rispettabili e nostalgici come Kung-Fury.
La performance di Paul Weller nei panni del superpoliziotto titolare del film è oggettivamente basica, ma alla fine regala fascino e inquietudine anche solo attraverso il suo doppiaggio italiano di Alessandro Rossi.
Gli effetti visivi, per una Hollywood post- Star Wars, sono ingegnosi e forse in certi passaggi anche maldestri ( vedi la caduta dal palazzo di Dick Jones ), ma riescono a non stonare alimentando quel retrogusto comico che il film si porta sempre dietro. È il cursore della violenza ad essere settato talmente alto da farla risultare necessaria quanto disgustosa.
Quindi, a livello superficiale RoboCop è solo un cocktail di violenza insensata e umorismo crudo?

No. Non credo.

Robocop è più di questo, ed è ben lungi dall’essere solo una celebrazione del machismo come voleva quel ragazzino di dieci anni che decise la tag line del poster e di cui vi ho scritto all’inizio del pezzo.
Molto è stato scritto su come RoboCop sia una critica al Reaganismo e al potere delle multinazionali. Nel corso degli anni sono state affrontate discussioni filosofiche su ciò che esattamente debba essere un essere umano, discussioni perfettamente incarnate dalla lotta di Murphy, oltre che con i criminale, anche con la sua nuova identità dopo la sua “chirurgia estetica” piuttosto estrema.
Ma un’altra cosa molto interessante che emerge dal film è sicuramente l’immagine della polizia.

Il sergente di polizia negli anni ’80

La polizia in RoboCop, ambientato nell’anno 2028 (ma che in realtà sono gli anni ’80 con più tecnologia e meno spalline), è al soldo del capitalismo.
In particolare, la città di Detroit affida la gestione del dipartimento di Polizia alla Omni Consumer Products (OCP), la cui venuta è stata facilitata dalla diminuzione del budget destinato alla sicurezza ( cosa, vi assicuro, impossibile in una nazione come gli USA dove alla sicurezza interna viene destinato annualmente il 30% del budget nazionale e tutti gli armamenti obsoleti dall’esercito ) e i tassi di criminalità alle stelle.
È un giovane dirigente rampante dell’OCP, Bob Morton, che per primo pensa a RoboCop; una nuova arma nella lotta contro il crimine.
Purtroppo, L’OCP si rivela rapidamente essere un’organizzazione pregna di pregiudizi, corruzione e avidità, peccati che, ovviamente, decantano fino al dipartimento di polizia di Detroit che ora sono incaricati di dirigere.
Poi arriva l’agente Murphy, che è stato trasferito dal più tranquillo distretto Metro West, e viene accolto da un bel «benvenuto all’inferno» da un collega particolarmente sincero. Quindi accade che Murphy venga brutalmente fatto secco da una banda criminale e diventi l’arma definitiva delle forze dell’ordine: Robocop.

E questo, signori, è puro stile

In RoboCop, la polizia come istituzione è avvelenata dall’avidità, dalla cattiva gestione e dall’insensibilità. È l’OCP la causa del decadimento sociale di una Detroit che l’azienda vuole fondamentalmente demolire e reinventare da zero.
«La vecchia Detroit è un cancro»: afferma il presidente dell’OCP, facendo finta di non riconoscere il suo ruolo nella lenta morte della città. Il degrado morale della polizia arriva al culmine quando le viene ordinato di sparare a RoboCop, uno di loro, per ordine del presidente senior dell’OCP, Dick Jones. Non è una scena cruenta, certamente non se paragonata alla precedente scena della morte di Murphy, ma è comunque brutale come la maggior parte di quelle presenti.

 

Se c’è qualcosa di buono da trovare nella polizia di Detroit, RoboCop ci dice che c’è a livello individuale, non certo a livello istituzionale.
Come collettivo, la polizia è quasi irrecuperabile ma nel corso del film RoboCop riesce a toccare l’anima di alcuni suoi colleghi ufficiali e grazie a questo arresta il super-cattivo, Boddicker, e potrebbe facilmente ucciderlo, ma i suoi principi morali di rispetto per la legge lo guidano a fare la cosa giusta. Boddicker viene risparmiato e arrestato, dopodiché la corruzione all’interno del Dipartimento e dell’OCP gli consentono di essere rilasciato.
Dove risieda esattamente la “bontà” nella polizia di Detroit è una questione che i film di Robocop ( e anche i telefilm ) hanno SEMPRE affrontato nel tempo.
RoboCop è per molti versi un modello di eroe. Qualcuno che persegue incessantemente ciò che è giusto e consegna coloro che fanno del male alla giustizia, ma dietro le punch-line, la violenza e le scene che sono passate alla storia nel suo film, riesce a mettere in discussione la rettitudine della sua stessa congrega. Il capolavoro distopico di Veroheven è uno spaccato di quanto facilmente le forze del bene possano perdersi e una dura accusa di inettitudine giudiziaria, corporativa e strutturale, verso le forze dell’ordine americane malate di una sindrome che solo il potente RoboCop può risolvere.

Nota a margine.
Robocop è un film hollywoodiano realizzato all’interno del sistema degli studi cinematografici da un regista straniero durante un’era palesemente commerciale del cinema americano. Sventra il capitalismo e suggerisce che la democrazia non è altro che una fiaba da manuale di educazione civica in un mondo gestito da magnati autoritari. Questa versione del mondo è abbastanza ben accettata ora che siamo tutti un po’ più saggi su come funzionano le cose (grazie Internet!).
Ma nel 1987, quando il presidente Reagan stava pronunciando discorsi sull’eccezionalismo americano, tali nozioni erano poco più che un linguaggio hippie pinko. Il fatto che Verhoeven sia riuscito a realizzare la sua visione è quindi un miracolo. Il fatto che sia diventato una delle denunce della sua epoca ancora attuali ai giorni nostri lo rende davvero un film speciale.

OMONE

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nel posto più vicino al retrogaming e la cultura pop anni '80/'90. Nel mio passato ci sono progetti multimediali falliti in collaborazione con Makkox; tre libri scritti in collaborazione con me stesso e tre podcast di relativo successo. Atariano della prima ora, mi piace molto giocare ai videogiochi vecchi e nuovi. Tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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