ATARI 50: le cose che ho imparato dalla mostra più figa nella storia dei videogiochi
Atari è cambiata negli anni. Ce ne sono state minimo sei versioni e a un certo punto è uscita a comprare le sigarette senza tornare più.
Per capire Atari, devi capire quanto è cambiata negli anni.
Atari è un nome importante e i più la percepiscono come un gigante monolitico e immutabile che a un certo punto non meglio precisato della storia dei videogiochi è scomparso nel nulla, come se fosse uscito a comprare le sigarette senza tornare più.
Questo è un errore. Un gravissimo errore.
Di Atari ce ne sono state come minimo sei, per lo più localizzate in momenti storici diversi di cui due addirittura coeve l’una rispetto all’altra.
Quella meno “professionale” nel senso lato del termine è forse quella dell’alba. La Atari sotto la gestione di Nolan Bushnell fondata nel 1972. Una società figlia diretta dell’era dell’acquario con le radici ben piantate nella cultura hippie e nell’ingenua sperimentazione. Un’Atari senza un dress code interno che, anzi, incoraggiava i propri ingegneri a vestirsi di merda come atto di ribellione verso il conformismo capitalistico chiudendo intenzionalmente la porta ai completi gessati e i colletti bianchi. Un’Atari, però, universalmente figa nella quale tutti ambivano lavorare ( un po’ come sarebbe stata la Lucasfilm agli inizi degli anni ’80 ) ed erano disposti anche ad abbassarsi lo stipendio pur di entrarci.
Quella Atari era piena di persone giovani ed eccentriche che lavoravano con dei nuovi dispositivi che nessuno capiva, e l’unica cosa veramente importante era di riuscire a creare un buon videogioco che potesse vendere molto senza precludersi di progettarlo su un’idea troppo stramba per sembrare semplicemente vera.
L’impronta di Bushnell era profondamente impressa nel DNA di quell’azienda, tanto che persistette per anni anche dopo il suo abbandono, nel 1978, e il conseguente cambio di pelle sotto la gestione del nuovo amministratore: Ray Kassar.
Kassar era l’equivalente dell’antimateria per Nolan Bushnell. Era l’anti-Bushnell. Scelto dalla proprietà principalmente per questo motivo, ristrutturò profondamente Atari e la portò a raggiungere vette di successo mai viste prima anche per qualsiasi altra azienda operante in quel settore.
La Atari di Kassar è la Atari stellare che tutti abbiamo imparato ad amare da bambini. La Atari dal dominio incontrastato nei salotti e nelle sale giochi. Quella con dentro i programmatori pazzi che giravano per i corridoi con fedora e frusta, oppure che si aprivano la testa per gioco sbattendo contro gli sprinkler antincendio mentre contemporaneamente altri colleghi ne scappavano a gambe levate frustrati dal trattamento economico e dall’avversione del management. La Atari “too big to fail” che però alla fine si schiantò al suolo con un contraccolpo mondiale sul mercato dei videogiochi.

Avrei qualcosa da obiettare sulla scelta dei pantaloni…
L’internet è piena di storie che fanno sembrare la Atari degli anni ’70 / ’80 la versione for dummies di “The Wolf Of Wall Street“: contrattazioni nelle vasche idromassaggio, ritiri aziendali in casolari isolati zeppi di botti di birra, cocaina e marijuana passati da sotto le porte degli uffici, vicepresidenti che al venerdì pomeriggio consegnano a qualcuno le chiavi della macchina e la carta di credito aziendale per mandarlo a comprare tutti gli alcolici che possano essere trasportati. Tutto questo può giustificare perché uno dei videogiochi più famosi di Atari riguardi la lotta contro insetti giganti in un campo di funghi, certo, ma consegna all’eternità anche l’immagine del fallimento più grande mai registrato nel mondo dei videogiochi: la conversione videoludica del film “E.T. – L’extra-terreste”.

Prova tu a dire di no al dio Spielberg negli anni ’80
Il gioco di E.T., che lo crediate o no, è stato creato dallo stesso uomo che ha progettato altri due titoli di successo per casa Atari, ovvero, Yars’ Revenge e la conversione de “I Predatori Dell’Arca Perduta”, e perché E.T. si è rivelato un tale affronto a Dio da diventare leggenda ed essere sepolto per timore che risorgesse e corrompesse il mondo? Beh, forse perché per fare Yars’ Revenge e “i Predatori” quell’uomo ebbe sei mesi di tempo mentre per fare E.T. solo cinque settimane? Più che probabile.
La gestione Kassar aveva amministratori e consulenti legali a negoziare licenze, mentre gli ingegneri e il tempo di sviluppo dei videogiochi non era certo la loro preoccupazione principale. In quel caso non furono bravi a negoziare e pagarono troppo la licenza di E.T., talmente tanto che per rientrare nelle spese il videogioco doveva essere pronto sugli scaffali dei negozi a Natale mentre il contratto con Spielberg veniva siglato a Luglio dello stesso anno.
Atari sapeva che E.T. non era eccezionale, ma nessuno se ne preoccupò e andarono avanti lo stesso. Tutto ciò su cui Atari schiaffava il suo marchio alla fine veniva venduto, no? Niente impediva di pensare che anche E.T. avrebbe continuato quella tendenza. Era un film di successo su una console di successo: cosa poteva andare storto?

Archaeologist Andrew Reinhard (R) shows off the first E.T. the Extra-Terrestrial cartridges recovered from the old Alamogordo landfill, in Alamogordo, New Mexico, April 26, 2014. REUTERS/Mark Wilson
Fiduciosi che l’investimento sarebbe stato ripagato, stampano quattro milioni e mezzo di copie del gioco ma ne vendono solo uno e mezzo. Il numero è comunque alto ma se hai ancora tre milioni e mezzo di cartucce a raccogliere polvere in un magazzino, non è certo un successo. E perché è accaduto? Grazie per la domanda, lettore curioso. Il fallimento di E.T. è avvenuto perché Atari ha confuso l’importanza del branding con l’importanza del divertimento.
In parte grazie alla debacle di E.T. , nel 1983 Atari perde 536 milioni di dollari e l’anno successivo è costretta ad abbandonare la sua divisione di giochi casalinghi. Ma E.T. non è stato un semplice catalizzatore di sfiga quanto la logica conclusione di politiche che erano in atto da anni. Libertà di sballarsi e festeggiare a parte, i programmatori di Atari si sentivano soffocati dalla crescente influenza del management e del marketing. La loro direttiva principale era passata da «Fai quello che ti pare ma crea un gioco divertente» a «Fai quello che ti diciamo, il divertimento è opzionale».
E.T. è stato solo il prodotto più grande e più disastroso di quella mentalità e ha portato Atari al collasso economico, alla conseguente scissione in due società quasi omonime, e al doversi reinventare nuovamente sotto un’altra gestione completamente diversa dalle precedenti, quella di Jack Tramiel.

Sdraaa
Per celebrare i 50 anni di una società che ha vissuto fin troppe reincarnazioni e adesso non esiste più se non coprendo le vesti di una multinazionale francese precedentemente conosciuta come Infogrames, Lucca Comics & Games 2022 ha pensato bene di organizzare la mostra Atari50 per riportare nella memoria delle nuove generazioni quei tempi pioneristici e di meraviglia che proprio Nolan Bushnell ha contribuito così fortissimamente a far nascere.
Paragonato al mezzo secolo di storia di Atari, lo spazio dedicato era microscopico e gli oggetti esposti una quantità infinitesimale di quelli che potevano essere mostrati, ma lo scopo dell’evento non era quello di testimoniare fedelmente tutto il percorso storico di un’azienda così iconica, quanto cercare, attraverso pochi essenziali cimeli, di far conoscere al più ampio numero possibile di visitatori la semplice esistenza di un fenomeno del genere.
I doverosi ringraziamenti vanno quindi all’organizzazione di Lucca Comics & Games che per la prima volta nella sua storia ha concesso uno spazio sensibile al gaming retro senza giustificarlo da motivazioni puramente commerciali, e al sig. Nolan Bushnell, che alla veneranda età di 79 anni è arrivato a Lucca e si è concesso con entusiasmo ai suoi ammiratori.
Un saluto anche a tutti gli appassionati che sono passati a trovarci alla mostra Atari50. Scrivere tutti i loro nomi è superfluo visto il continuo legame che ci unisce attraverso Atariteca, Arcade Story e I Vintage People.
La speranza è rivolta alla prossima edizione di Lucca Comics & Games 2023. Volesse Dio che un altro spazio del genere venisse dedicato al retroaming.
Una abbraccione da l’Omone, Mike e Tony.
Speriamo davvero succeda ancora qualcosa di così magico a Lucca 2023! Noi ci saremo.
Grande Eugenia. È stato un vero piacere vederti. Grazie per essere passata.
Grazie a te ☺️