Passare da Busseto: ALIEN VS PREDATOR
È tempo di mettere da parte l’orrore cosmico di Alien e l’azione paurosa di Predator. Alien Vs Predator ve lo commenta un ospite prestigioso: L’IMPERO DEL CINEMA
Noi Vintage People, ovvero lo staff che ti porta gli originalissimi video che puoi gustare su questo sito, non sempre siamo all’altezza dei titoli che intendiamo recensire.
C’è appunto Alien Vs. Predator, questo thriller fantascientifico del 2004 così bello che ce lo ricordiamo con difficoltà e sembra essere andato benino visto che hanno fatto anche un sequel di cui neanche consideravamo l’esistenza. E insomma, dicevo, avendo questi oggettivi problemi di memoria e considerato che il film ha un po’ pasticciato nella continuity del franchise di Alien, ci siamo trovati nella condizione di chiedere aiuto ad un esperto del settore: Andrea Bruno de L’Impero Del Cinema.
Abbiamo chiesto ad Andrea di fare luce sull’effettivo valore di questa pellicola e indovinate: sorpresa, sorpresa, AVP in realtà è un buon film!
No, davvero! Non scherzo.
AVP: Alien vs. Predator ( i nostri livelli di rispetto sono talmente alti che sto usando il suo titolo per esteso ) è quasi criminalmente sottovalutato.
Ha un cast eccezionale ( vabbè Roul Bova…), un set-up fantastico, un’azione e un fan-service più che soddisfacenti per l’esperienza nerdgasmica. Ed è, senza dubbio, migliore di alcuni suoi contemporanei. Non ci credi? Continua a leggere.

Paura! Duplè, Paura.
Chiariamo subito che l’idea di fare un film su AVP: Alien vs. Predator è ampiamente mutuata dall’omonimo fumetto pubblicato dalla casa editrice americana Dark Horse. In quella saga fumettistica il protagonista è un’umana, Machiko Noguchi, che abbraccia gli usi e i costumi dei Predator diventando loro pari e godendo del loro rispetto. È, in pratica, la Ellen Ripley della situazione ma con più gadget distruttivi e il rispetto dei suoi commilitoni. Da questo dato si capisce perché anche nel film la protagonista sia una donna che, in un modo totalmente differente, segue il suo stesso percorso narrativo per diventare una paria dei Predator tanto che, alla fine, le verrà apposto il marchio del guerriero con il sangue alieno rendendola un predator onorario. È tutto così bello.

Papi, che mi dai 20 euro?
A prima vista, quindi, Alien vs Predator sembra un’idea incredibilmente ovvia. Dopotutto, entrambe le proprietà intellettuali sono opportunamente possedute dalla stessa casa madre e occupano spazi ugualmente iconici nella cultura popolare (sono anche allo stesso tempo alieni e predatori, il che aggiunge del pepe alle loro storie). Ovviamente, più a fondo si scava, più ci si rende conto che questi franchise sono fondamentalmente diversi e questo fa apprezzare i voli creativi che gli sceneggiatori hanno dovuto spiccare per coniugare decenni di tradizione di orrore cosmico degli Xenomorfi con il rituale di caccia sanguinaria degli Yautja ( la razza dei Predator ).
Ecco perché non sorprende che ci sia voluto così tanto tempo prima che un crossover fra i due arrivasse nei cinema.
Mentre i fumetti di AVP sono stati pubblicati dalla fine degli anni ’80, un adattamento cinematografico viene anticipato per scherzo nel 1990, quando un teschio di Xenomorfo appare alla fine del sottovalutatissimo Predator 2 . Questo semplice easter egg scatena anni di pettegolezzi riguardo al come e al quando avremmo finalmente visto questo epico confronto al cinema.
Sfortunatamente, nonostante il franchise crossover riscuota un buonissimo successo nel mondo dei fumetti e dei videogiochi (questi ultimi su Jaguar, Snes e arcade ), il film rimane intrappolato nell’inferno dello sviluppo per oltre un decennio, con Fox incerta su quale direzione dare alla storia. Durante questo decennio, AVP è passato nelle mani di numerosi scrittori e registi affermati fra cui anche Roland Emmerich e Guillermo Del Toro, ma niente si concretizza.
Sarà solo quando Paul W.S. Anderson porterà una presentazione infarcita di concept art del famoso creatore di mostri Patrick Tatopoulos che la 20th Century Fox finalmente decide di dare il via libera alla produzione. Ciò porta il regista ad abbandonare Resident Evil: Apocalypse per concentrarsi su quello che pensava fosse un progetto più grande.
La trama prende in prestito elementi da HP Lovecraft, seguendo un gruppo di esploratori finanziati da Charles Bishop Weyland (interpretato dal leggendario Lance Henriksen ) mentre si avventurano in una piramide a lungo dimenticata e sepolta sotto il ghiaccio antartico. Sfortunatamente, la loro spedizione li porta inconsapevolmente nel bel mezzo di una palestra riservata alla battaglia secolare tra gli alieni e i predatori titolari del film.
Il primo trailer viene accolto dall’entusiasmo del pubblico che vede finalmente questi titani intergalattici uno di fronte all’altro in una vera e propria resa dei conti cinematografica che combina i migliori elementi dei rispettivi franchise e, alla fine, AVP incassa bene, ben 177 milioni di dollari contro un budget di 70 milioni, ma la critica lo stronca di brutto e a conti fatti, nel 2004, rappresenta il peggior incasso per un film di entrambi i franchise presi singolarmente.
Il pensiero critico generale ( e generico ) ci dice di una mancanza cronica di tensione e una storia troppo lineare, ma anche la santa trinità James Cameron, Ridley Scott e Sigourney Weaver si scagliano contro all’operazione bollandola come un mero tentativo di mungere la vacca. Curiosamente fuori dal coro, Arnold Schwarzenegger si offre per comparire in un breve cameo ma la sua elezione a governatore della California interrompe bruscamente la sua carriera cinematografica e non lo rende possibile.
Ci sono anche altri problemi come la controversa decisione di rappresentare i Predator come figure in qualche modo simpatiche, con persino il loro disegn rettiliano attenuato per aiutare il pubblico a empatizzare con quei personaggi quando finiscono per collaborare con la final girl, Alexa Woods. È anche un peccato che il Predalien sia stato relegato al ruolo di gancio per un sequel a fine film piuttosto che essere utilizzato per una grandiosa battaglia finale.
Alien vs Predator alla fine si trasforma in un incontro di wrestling a tema fantascientifico che non cattura del tutto l’orrore misterioso di Alien o l’azione da brividi di Predator.
Lo scopo della sua storia è diverso da qualsiasi storia avessimo già visto prima in entrambi i franchise, e tocca persino alcune delle stesse idee che Prometheus ( il prequel di Alien) riprenderà 8 anni dopo. In verità Paul Anderson sa esattamente cosa vuole il pubblico al quale si sta rivolgendo e fa del suo meglio per creare una FanCom gradita alla massa.
Il tempo è stato anche molto clemente con effetti speciali e le scenografie. I set e costumi reggono ancora a distanza di quasi vent’anni e nel film è presente una regina aliena a grandezza naturale che era il mostro animatronico più avanzato mai fatto nei primi anni 2000.
Per come la vedo io, la valutazione PG-13 del film è l’unica cosa che lo trattiene fuori dai cofanetti dedicati ai singoli franchise, ma l’esperienza è comunque abbastanza affascinante da meritare un’altra visione per completismo. È un film che per lo meno intrattiene, e vale la pena riguardarselo perché non credo che Disney abbia in mente di riportare questi due potenti avversari sullo stesso ring tanto presto.
L’ingrato compito di AVP è riallacciarsi ai due ganci lasciati in altri film: il teschio di Alien visto in Predator 2, e le implicazioni della Weyland-Yutani viste in diversi film della serie Alien, e lo fa egregiamente fondendo l’orrore del franchise di Alien con l’azione del franchise di Predator ( spingendo molto su quest’ultimo) e alla fine regala agli spettatori un sacrosanto nerdgasmo nelle scene di combattimento.
Ancora più importante, AVP sa di cosa ha bisogno il suo pubblico. È un film sull’arroganza: i personaggi umani esplorano l’Antartide alla ricerca di conoscenze proibite e vengono massacrati per la loro presunzione; i Predator sono abbastanza arroganti da sottovalutare gli alieni e le cose gli vanno altrettanto male. Anderson presenta tutte queste morali esopiche senza compromettere la sua avventura horror d’azione in stile fumetto e arriva al suo pubblico.
Abbracciando il caos ed evitando qualsiasi pretesa, AVP vince la sua battaglia contro l’oblio e riesce a farsi nuovamente guardare a distanza di 19 anni.
Bravo.